L’attuale grado di sviluppo delle ICT premette di ripensare i modelli organizzativi del lavoro per renderli progressivamente meno dipendenti dalla localizzazione del lavoratore in sedi prestabilite. La conseguente possibilità di riorganizzare la logistica degli spostamenti casa-lavoro, prelude alla trasformazione degli assetti urbani, soprattutto quelli caratterizzati da elevato pendolarismo e dalla contrapposizione tra quartieri congestionati dove si concentrano le attività lavorative, e quartieri dormitorio, spesso privi di servizi e di identità. Ancora più significativa è la possibilità di incidere sulla “risorsa” tempo, che nella nostra società ha acquisito un valore economico crescente ed è misura di qualità della vita; risorsa scarsa a valore unico, non moltiplicabile e non replicabile Si apre, dunque, la possibilità di impostare politiche integrate capaci di contribuire allo sviluppo delle smart cities incidendo significativamente sulla domanda di mobilità, sul welfare, sulla parità di genere, sull’inclusione sociale e la lotta alla criminalità. Politiche “smart” a tutti gli effetti, dato che possono essere realizzata attraverso processi che riducono, invece che aumentare, i costi a carico dei lavoratori, dei datori di lavoro e della collettività. Ma, parafrasando Virgilio, “… c’è un guardiano assiso all'ingresso, un terribile fantasma che veglia sulla soglia”, assai poco smart e difficile da scalzare. E’ la resistenza al cambiamento che si annida nelle regole e nella mentalità comune, l’attaccamento pregiudiziale a sistemi organizzativi che guardano al rispetto dei processi formali più che al raggiungimento di risultati. In termini economici questo si è finora tradotto in progressiva perdita di competitività nei confronti di chi sa assimilare l’innovazione.

Lavoro e smart city

Felici, Bruna;Penna, Marina
2015-02-01

Abstract

L’attuale grado di sviluppo delle ICT premette di ripensare i modelli organizzativi del lavoro per renderli progressivamente meno dipendenti dalla localizzazione del lavoratore in sedi prestabilite. La conseguente possibilità di riorganizzare la logistica degli spostamenti casa-lavoro, prelude alla trasformazione degli assetti urbani, soprattutto quelli caratterizzati da elevato pendolarismo e dalla contrapposizione tra quartieri congestionati dove si concentrano le attività lavorative, e quartieri dormitorio, spesso privi di servizi e di identità. Ancora più significativa è la possibilità di incidere sulla “risorsa” tempo, che nella nostra società ha acquisito un valore economico crescente ed è misura di qualità della vita; risorsa scarsa a valore unico, non moltiplicabile e non replicabile Si apre, dunque, la possibilità di impostare politiche integrate capaci di contribuire allo sviluppo delle smart cities incidendo significativamente sulla domanda di mobilità, sul welfare, sulla parità di genere, sull’inclusione sociale e la lotta alla criminalità. Politiche “smart” a tutti gli effetti, dato che possono essere realizzata attraverso processi che riducono, invece che aumentare, i costi a carico dei lavoratori, dei datori di lavoro e della collettività. Ma, parafrasando Virgilio, “… c’è un guardiano assiso all'ingresso, un terribile fantasma che veglia sulla soglia”, assai poco smart e difficile da scalzare. E’ la resistenza al cambiamento che si annida nelle regole e nella mentalità comune, l’attaccamento pregiudiziale a sistemi organizzativi che guardano al rispetto dei processi formali più che al raggiungimento di risultati. In termini economici questo si è finora tradotto in progressiva perdita di competitività nei confronti di chi sa assimilare l’innovazione.
feb-2015
Smart city;Smart working;ICT/PIL
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